Portogallo: proposto un referendum per l'uscita dall'Euro

14 Luglio 2015
Giulio Chinappi
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Portogallo

Dopo la Grecia e l’Austria, dove in tempi e modi diversi si è parlato di un’uscita del Paese dalla Zona Euro e/o dall’Unione Europea, anche in Portogallo incomincia ad aleggiare lo spettro dell’abbandono quanto meno dell’unione monetaria. A farsi portatori di questa proposta sono soprattutto i comunisti del PCP (Partido Comunista Português), che ha incluso questa proposta nel proprio programma elettorale in vista delle votazioni che si terranno nel mese di ottobre per rinnovare il parlamento. Il leader della formazione politica, il sessantottenne Jerónimo de Sousa, ha in effetti espresso l’intenzione di indire un referendum per lasciare ai cittadini lusitani la decisione sul mantenimento della moneta unica o sull’eventuale ritorno alla precedente valuta, l’Escudo.

De Sousa ha criticato ampiamente le politiche dell’attuale primo ministro, Pedro Passos Coelho, presidente del Partito Socialdemocratico (Partido Social Democrata), troppo incline ad obbedire ai diktat di Bruxelles e di Berlino. Le politiche europee, a detta del leader del PCP, impediscono invece lo sviluppo del Portogallo, costringendolo a seguire le misure economiche dettate dalle organizzazioni internazionali (ricordiamo che il Portogallo ha ricevuto un prestito da parte del Fondo Monetario Internazionale nella fase più acuta della crisi, anche se poi non ne ha più richiesti di nuovi). Questo fatto, mette in evidenza come l’Unione Europea non si fondi sull’uguaglianza degli stati membri, ma su una vera struttura gerarchia che vede la Germania opprimere soprattutto i Paesi dell’Europa meridionale, tra i quali figura il Portogallo.

Naturalmente, Jerónimo de Sousa è ben cosciente del fatto che l’uscita di un Paese dall’Euro vada preparata accuratamente. Un abbandono repentino della moneta unica provocherebbe una grave crisi. Serve dunque un piano che prepari il Portogallo al ritorno verso l’Escudo mantenendo un’economia nazionale forte, garantendo quanto meno lo stesso livello dei salari e salvaguardando i diritti dei lavoratori. La moneta unica, al contrario, sarebbe la causa di una “degradazione dell’apparato produttivo”: “L’Euro vige in Portogallo dal 1° gennaio 2002 e, da allora, è apparso evidente come questa adesione possa essere considerata unicamente come un grande errore politico e finanziario”. Tra le proposte del PCP c’è dunque quella di una ripubblicizzazione del settore bancario, misura che attualmente non può essere in atto a causa delle politiche bancarie comunitarie, mentre il salario minimo dovrebbe essere innalzato da 505 a 600 euro.

Le proposte del PCP sono state naturalmente formulate anche in considerazione della situazione che vige attualmente in Grecia, con il Portogallo che ha rischiato a lungo di cadere nello stesso precipizio. Al contrario di Alexis Tsipras, però, Jerónimo de Sousa appare determinato nel condurre il Paese all’uscita definitiva dal giogo dell’Unione Europea e dell’Euro, a patto che questo “rispetti la volontà popolare”: di qui la necessità di indire un referendum.

GIULIO CHINAPPI
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