Come la manipolazione politica e mediatica vince sempre sul popolo

7 Dicembre 2013
Germano Milite
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product powerL’editoriale di Germano Milite

Non c’è proprio niente da fare: per quanto mi sforzi, proprio non riesco a comprendere e concepire questa moda ottusa e bigotta che si scaglia sempre e comunque contro il leaderismo e qualunquisticamente contro il sostegno statale a determinati servizi pubblici. Qualsiasi nuova formazione politica e para-politica che ha l’ardire di definirsi “rivoluzionaria” ed “iper-democratica”, ci tiene infatti a precisare che non ci sono capi, che tutti nell’organizzazione sono uguali, che tale formazione è “del popolo”, non ha colori, magari non ha neppure idee precise ma c’ha tanta rabbia ( e qui pare di trovarsi dinanzi uno dei trailer parodistici di Maccio Capatonda). Poi studi un po’ di storia antica, recente e contemporanea e ti rendi conto che mai, in nessun caso, in nessun modo un movimento politico è esploso senza l’irrinunciabile figura del leader carismatico. E pure dal Cinque Stelle possono dire ciò che desiderano ed intonare quante volte vogliono il classico slogan”uno vale uno” ma…un fatto è incontestabile: senza Beppe Grillo, personaggio televisivo famosissimo (tra l’altro pagato anche lui per anni con i fondi pubblici), grande oratore e trascinatore di volgo, comunicatore iper-specializzato nel coinvolgimento di popolo, non avrebbero mai concluso nulla di eclatante. Non sarebbero mai arrivati dove sono ora. Semmai, paradossalmente, l’unico partito che si regge anche con leader abbastanza improbabili e di sicuro poco carismatici come Bersani e Letta, è proprio lo sgangherato PD. Perché? Perché sopravvive ancora, in chi vota per quella formazione politica, una spinta ideologica d’opinione che, per quanto ridicola e fuori tempo, permane.

E poi ancora, volendo arrivare alla presunta “stampa libera ed indipendente che si regge solo grazie ai propri lettori”, c’è il caso del Fatto Quotidiano e di tutti quei poveri ingenuotti (quando sono in buona fede e parlano per sentito dire di cose che non sanno) convinti che sul serio quel giornale sia esploso poiché libero e di qualità. Baggianate grandi quanto la Regia di Caserta. Il Fatto è esploso prima di tutto perché “sponsorizzato” dal solito personaggio televisivo e strafamoso di turno (anche lui lautamente compensato per decenni grazie ai fondi pubblici di Rai e giornali vari). Ovvero Marco Travaglio. A questo c’è da aggiungere poi il dorato periodo berluconiano dell’epoca (correva l’anno 2009) ed il relativo, ricchissimo business garantito dall’antiberlusconismo. Il Fatto, senza Travaglio e Berlusconi, non sarebbe mai diventato ciò che è diventato e…vi svelo un segreto: ora ha problemi di bilancio e da quando ne ho memoria non paga (mi chiesero di cedere GRATIS un’inchiesta che stavo facendo sull’INPS di Caserta, nel caso l’avessero approvata) proprio tutti i collaboratori. Quindi basta con questa demagogia per bimbi scemi ed imbevuti di propaganda ipocrita. Il nostro paese ama ancora moltissimo i volti noti della tv e della stampa blasonata ed ha bisogno di questi ultimi, oltre che del semplice malcontento, per smuoversi in maniera decisa e decisiva. Illudersi che degli anonimi cittadini senza volto né guida precisa possano cambiare chissà quanto non è semplice e magari nobile utopia ma mera, ridicola e lampante stupidità.

Ed è ecco che si comprende, quindi, come mai si finisce ogni volta per stuprare in maniera così gratuita e ripetuta quello che resta sempre e comunque tra i nemici giurati del nostro popolo, e cioè  l’onestà/libertà intellettuale. Perché vendersi per ciò che non si è, perché fare marketing propagandistico spicciolo, moralista ed ipocrita in maniera così ostinata e ripetuta? Perché non dire, ad esempio, che il male non è il leaderismo ma l’ignoranza politica e la cultura da tifoso tipica non solo degli italiani ma di qualsiasi massa popolare? Perché non dire, ad esempio, che il male non sono certo i fondi pubblici all’editoria ma il modo con il quale sono stati usati ed i personaggi di dubbio valore che tali foni hanno per anni sovvenzionato e mantenuto in posizioni di potere? Perché non dire, ad esempio, che non è di cruciale importanza far guadagnare “solo” 2500 euro al mese ad un Parlamentare ma è sicuramente più utile ed intelligente focalizzarsi su cosa ha fatto, fa e potrebbe fare per il suo paese? Probabilmente perché, forse erroneamente e per pigrizia anti-innovativa nel modo di pensare e comunicare, si è convinti che un po’ di sana onestà non faccia vendere quanto vagonate di spudorata cialtroneria autoreferenziale.

I grandi guru della politica e della comunicazione, continuano a trattare il popolo italiano come se fosse composto esclusivamente da masse decerebrate di faziosi e tronfi beoti, pronti a continuare in eterno questa deprimente e povera guerra tra guelfi e ghibellini. Ed il basso volgo continua ad annegare in questa palude di conformismo virulento e propaganda perenne, invocando libertà di stampa e di pensiero, tranne poi mettere alla gogna i giornalisti che liberi ed indipendenti (ma non per questo perfetti ed infallibili nel proprio mestiere) lo sono sul serio e si permettono, quindi, di non ragionare da cronisti-tifosi ma da risoluti tallonatori e picchettatori del potere. Sia esso movimentista o partitocratico. La domanda da farsi è dunque semplice: quando ci decideremo, tutti noi, da chi ha come ad esempio Grillo la possibilità di parlare ad ampie platee a chi invece ascolta, a dare una svolta al nostro modo di ragionare ed approcciare? Internet, con tutti i suoi “lati oscuri”, ha senza dubbio favorito uno scambio di conoscenza più ampio e libero. Ma è sempre dal singolo individuo e dalla sua voglia di sapere e capire in maniera sempre più svincolata da pregiudizi e conformismo ideologico che dovrà partire la rivoluzione culturale. Io, in tal senso, se guardo al futuro e lo confronto con il passato anche abbastanza recente, sono comunque positivo. E voi?

L'AUTORE
Giornalista professionista. Partendo dalla televisione, ha poi lavorato come consulente in digital management per aziende italiane ed internazionali. E' il fondatore e direttore di YOUng. Ama l'innovazione, la psicologia e la geopolitica. Detesta i figli di papà che giocano a fare gli startupper e i confusi che dicono di occuparsi di "marketing".
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