Per Repubblica Falcone poteva solo “gareggiare coi comici del sabato sera”

15 Novembre 2013
Redazione YOUng
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Il 9 gennaio 1992 Repubblica esce con un articolo che è sparito da qualsiasi archivio. E il motivo è evidente: l’editorialista Sandro Viola sceglie di intitolarlo “Falcone, che peccato”, sciorinando una serie di critiche su quello che lui definisce “l’eccessivo presenzialismo del magistrato” nelle trasmissioni televisive. Critiche ingrate e anche ingiuste, fino a sminuire il suo operato liquidandolo con la frase “un magistrato che a metà degli anni ’80 inflisse alcuni duri colpi alla Mafia”. Un po’ poco, per Giovanni Falcone, principale artefice del maxi-processo che di fatto scoperchiò l’intera Cupola mafiosa. Sandro Viola muove accuse durissime, come nello stesso periodo altre sedicenti “icone anti-mafia” quali Leoluca Orlando, Nando Dalla Chiesa, Alfredo Galasso, Carmine Mancuso. Era il gennaio 1992, pochi mesi dopo, il 23 maggio, esattamente 20 anni fa, Giovanni Falcone sarebbe stato ucciso per mano mafiosa.
L’articolo di Sandro Viola è sparito dagli archivi di Repubblica, quotidiano che proprio in questi giorni esce con il supplemento allegato “Uomini soli a Palermo”, documentario sulla vita di Falcone e Borsellino venduto alla modica cifra di 12,9o euro che finiscono nelle casse del gruppo editoriale.
Riportiamo le frasi più clamorose dell’editoriale di Sandro Viola, oltre all’articolo intero

Da qualche tempo sta diventando difficile guardare al giudice Falcone col rispetto che s’era guadagnato. Egli è stato preso, infatti, da una febbre di presenzialismo. Sembra dominato da quell’impulso irrefrenabile a parlare, che oggi rappresenta il più indecente dei vizi nazionali. Quella smania di pronunciarsi, di sciorinare sentenze sulle pagine dei giornali o negli studi televisivi, che divora tanti personaggi della vita italiana – a cominciare, sfortunatamente per la Repubblica, dal Presidente della Repubblica – spingendoli a gareggiare con i comici del sabato sera, con il prof. Sgarbi, con i leaders di partito, con i conduttori di talk show, con gli allenatori di calcio, insomma con tutti coloro che ci affliggono quotidianamente, nei giornali e nelle televisioni, con le loro fumose, insopportabili logorree

Quel che temo, tuttavia è che a questo punto il giudice Falcone non potrebbe più placarsi con un paio di interviste all’anno. La logica e le trappole dell’informazione di massa, le sirene della notorietà televisiva tendono a trasformare in ansiosi esibizionisti anche uomini che erano, all’origine, del tutto equilibrati.

E scorrendo il libro-intervista di Falcone ‘Cose di cosa nostra’ s’avverte (anche per il concorso di una intervistatrice adorante) proprio questo: l’eruzione di una vanità, d’una spinta a descriversi, a celebrarsi, come se ne colgono nelle interviste del ministro De Michelis o dei guitti televisivi

 

Di Riccardo Ghezzi, Qelsi.it

L'AUTORE
La redazione di YOUng
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