Ora più che mai il ricordo delle vecchie monosale stracolme di persone, addirittura in piedi pur di godersi due ore di svago, nella mente di chi quegli anni li ha vissuti, di chi quelle emozioni le ha provate, diventa sempre più offuscato.
Non che ciò dipenda necessariamente dal numero di biglietti staccati, bensì dall’aumento delle sale; ció porta ad una maggiore dispersione del pubblico, il che dà l’impressione che i cinema, eccetto che di sabato e domenica, siano sempre vuoti.
Una cosa è certa: il cinema non ha più lo stesso significato che aveva per mio padre.
Negli anni, le sale cinematografiche hanno subito numerose trasformazioni per meglio adattarsi alle diverse richieste di un pubblico sempre più esigente. Tali modifiche hanno portato, quindi, alla progressiva scomparsa delle cosiddette “sale cinematografiche di interesse storico”, e di altre monosale “minori” che non sono riuscite a sostenere il carico economico che le modifiche avrebbero comportato.
Non a caso, l’Italia, in quanto a digitalizzazione degli schermi, è ancora in ritardo rispetto ai paesi europei: su 3800 schermi, circa 1800 di questi proiettano ancora con la (ex) tradizionale pellicola. Questo ritardo deriva anche e soprattutto dal fatto che gli investimenti per la per le apparecchiature digitali sono a carico degli esercenti; per una spesa che, per ogni schermo, si aggira dai 60 ai 100 mila €.
Certo, su queste spese, è possibile beneficiare di un recupero del 30 % grazie alla Tax Credit digitale; ma, come sottolinea il presidente di Anec Lombardia, Enrico Signorelli, attraverso un comunicato stampa rilasciato a seguito della possibile chiusura del Cinema Apollo di Milano, a questi costi, bisogna sommare “un aumento generale dei costi di gestione (costo del lavoro, costi energetici, tributi locali, manutenzione impianti, ecc.)”.
Ed è proprio quest’ultimo caso che meglio si adatta alla situazione descritta. Infatti, in questo periodo, imperversa la dura questione che ha colpito il centro cinematografico di Milano: lo storico Cinema Apollo, inaugurato nel 1959, dopo 57 anni di onorata carriera, per “cambio di destinazione d’uso” dovrebbe (e sottolineiamo dovrebbe) definitivamente chiudere per far posto ad nuovo Apple Store.
La notizia arriva in concomitanza con l’annuncio del ridimensionamento della multisala Odeon The Space, a poca distanza dall’Apollo. Com’è evidente, le 300-350 mila presenze annue dell’Apollo e le 700 mila presenze dell’Odeon The Space, da sole non bastano per spingere imprenditori, sì cinefili, ma pur sempre imprenditori, a continuare su questa strada. E se questa crisi ha sconfitto il primo e graffiato il secondo, cosa sta succedendo alle piccole monosale, i cosiddetti “Nuovi Cinema Paradiso”?
Dal punto di vista sociale, fino ad ora, le azioni di contrasto sono partite dagli stessi dipendenti dell’Apollo con lo sciopero del 1° novembre e con le classiche mobilitazioni sterili del “popolo del web”.
Magari, se le cose dovessero andare male – e io non me lo auguro – la giovane comunità milanese potrebbe prendere ad esempio l’analogo caso del cinema America di Roma, occupato da giovani attivisti, pur di non far diventare definitivo quel maledetto “cambio di destinazione d’uso” – e io me lo auguro.
Ad ogni modo, la situazione non è completamente nera così come inavvertitamente dipinta; se è vero che dal 2003 al 2012 hanno chiuso i battenti 712 sale , per lo più monosale cittadine (Dati Anec), è pur vero che la quantità di schermi, nello stesso periodo, complessivamente è aumentata: chiusi 850 schermi e aperti 1.118. A tutto ciò va a sommarsi l’impegno che, soprattutto in quest’ultimo periodo, amministrazioni e istituzioni, seppur in uno scenario di spending review e tagli, ha maggiormente riconosciuto l’importanza dell’industria cinematografica.
Sempre rimanendo nel milanese, alle già citate situazioni dell’Apollo e dell’Odeon, si contrappone la riapertura del cinema Orchidea, a seguito dell’approvazione del progetto che prevede una spesa 1,3 milioni di euro.
Nella capitale, uno dei cinema storici di Roma, il Metropolitan, chiuso oltre 5 anni fa, attende il nulla osta burocratico del Consiglio Comunale, per riaprire come spazio commerciale, ma manterrebbe anche una sala da 99 posti che darebbe ulteriore lustro ad una zona che già splende di luce propria.
E nel Sud?
La storia del Sud ha ancora molto da scrivere (e correggere, eventualmente); sono vaste le zone che presentano una parziale o totale mancanza di offerta in termini di attività di spettacolo. I dati presentati nello studio per il progetto “PanoramaSpettacolo” confermano che soprattutto il sud è terra fertile per presenti e futuri investimenti.
Non a caso, soltanto da Agosto, Matera ha il suo primo multiplex, il “Red Carpet”; Bari avrà presto “Ciaky”, un gigante da 9 sale, per 1290 posti a sedere che andrà a sopperire alle chiusure di 5 cinema locali (Palazzo, Odeon, Ambasciatori, Royal e Kursaal Santalucia).
Il tutto non può essere certo esente dalla classica ciliegina finale. In questo caso, la ciliegina è rappresentata dall’apertura della prima sala Imax del Sud. La terza in Italia. Un investimento di 1, 5 milioni di euro dedicato alla trasformazione di una singola sala dell’ ”Happy Maxi Cinema” di Afragola (NA).
Un risultato che dovrebbe inorgoglire gli spettatori. Anche perché adesso tocca a loro.