Un bellissimo film degli anni ’90, con Whoopi Goldberg, racconta, anticipando tantissimo i tempi, la storia di una donna di colore rimasta vedova giovane che decide di ricorrere all’inseminazione artificiale. Un’eterologa, insomma, da cui nasce sua figlia la quale, adolescente, lo viene a scoprire e inizia a cercare il suo padre naturale.
Alla trama di questo film mi ci ha fatto ripensare, tempo fa, la mamma di una bimba nata da eterologa, la quale mi diceva che si stava preparando ad affrontare il difficile momento in cui dovrà trovare il modo di raccontare tutto alla propria bambina.
E’ successo anche a me di pensare a quando dovrò raccontare a mio figlio che lui è nato grazie ad una Fivet. Certo non è complicato da spiegare come una eterologa dato che mio figlio è 50% mio e 50% di mio marito, anche biologicamente parlando. Ma è pur sempre un argomento da affrontare.
Ho iniziato così a pensare all’età migliore per farlo e a come invece, questi figli potessero reagire ala notizia.
Ci sono, certo, varie situazioni. L’inseminazione eterologa in cui solo uno dei genitori lo è anche biologicamente e quella in cui entrambi i donatori sono esterni alla coppia. Anche se la gravidanza si è svolta nel corpo della madre che poi ha cresciuto il proprio bambino, mi sono chiesta se questi un giorno, venendo a conoscenza della cosa, potessero avere il desiderio di scoprire chi sia davvero l’altro genitore. Proprio come Zora, la protagonista della pellicola Made in America, la quale si introduce furtivamente nel computer della banca del seme e scopre chi è il proprietario dello sperma che ha fecondato l’ovulo di sua madre.
Proprio a questo riguardo, il 17 settembre esce un libro che spiega come raccontarlo ai bimbi dai 3 ai 6 anni: “STORIA DI CRISTALLO DI NEVE . Non di Cavoli, né di cicogne” , una Fiaba in rima pensata e realizzata da Francesca Fiorentino con le illustrazioni di Erica Lucchi.
Si tratta di un racconto felice, leggero ma anche commovente che spiega da dove vengono i bambini quando la cicogna latita e sotto i cavoli non cresce nessun bebè.
Trovo che sia straordinario come questa donna abbia deciso di prendere carta e penna e rendere bella e fiabesca una esperienza tanto complessa.
Francesca è mamma di una bimba di due anni concepita all’estero tramite embriodonazione (donazione di ovociti e di spermatozoi, esterni alla coppia). Raccontare al proprio figlio le origini non significa, però, nel caso dell’eterologa, rendere noto il nome dei “genitori” biologici, che comunque tali non sono, ne da un punto di vista giuridico ne da quello scientifico.
Questa storia si pone come uno punto di partenza per raccontare al proprio figlio come è stato concepito. Proprio come deve fare ogni coppia che ha figli concepiti con metodo “tradizionale”.
Dire la verità al proprio bambino è un diritto, del piccolo e anche dei genitori, a mio parere. Un modo per fargli capire quanto sia speciale e quanto la sua mamma e il suo papà lo abbiano desiderato più di ogni altra cosa al mondo.